I resoconti a stampa della seconda assemblea pubblica della Convenzione mi conferma nella impressione che stia zoppicando il processo di aggiornamento dello Statuto d’autonomia, iniziato con le assemblee aperte ai cittadini, sulla base della legge approvata dal Consiglio provinciale.
Nelle due passate settimane si è letto di molte perplessità, ma io credo che il punto dove serve richiamare di più l’attenzione – e dopo Brunico ne trovo conferma - sia l’errore che si fa nel lasciare mettere in discussione, in assemblea, proposte contrarie alla linea dell’autonomia, come sta accadendo con gli interventi che propongono di abbandonare l’autonomia per passare all’autodeterminazione. E’ questa la distorsione del procedimento democratico, è questa la distorsione delle intenzioni della legge.
Il mandato della legge è chiaro (art. 1): si istituisce la Convenzione al fine della consultazione dei cittadini per ottenere “un’ampia partecipazione della società civile altoatesina alla riforma dello Statuto di autonomia”: riforma dell’autonomia, dice in modo netto la legge approvata dal Consiglio, non la sua sostituzione!
Se in una sede democratica che ha lo scopo di raccogliere idee per una riforma dell’autonomia provinciale c’è spazio per il tema dell’autodeterminazione, con la stessa legittimità potrà chiedere analogo spazio chi si dovesse alzare per proporre il ritorno del Suedtirol agli Asburgo! E se qualcuno proponesse di parlare di una riapertura delle opzioni, si metterà questo tema tra quelli da discutere? Eppure a suo tempo l’adesione popolare a questa politica fu notevole! E questo criterio numerico di “consenso” mi pare ritenuto oggi come molto importante nell’ammettere temi alla discussione delle assemblee pubbliche convocate dal Consiglio provinciale. Scrivendo qualche giorno fa queste cose da pubblicare sul sito della Convenzione pensavo di fare dell’ironia, ma leggo che a Brunico si è discusso – nell’assemblea sulla riforma dello Statuto!, con la partecipazione di consiglieri provinciali! – del tema: grazia ai terroristi degli anni ’60.
Le cose non si possono fare così. Finchè si è in tempo, la discussione nelle assemblee va ricondotta ai suoi ambiti. E le indicazioni su come farlo le deve dare chi ne ha la responsabilità.
In democrazia, chi crede nell’autodeterminazione ha tutto lo spazio pubblico per presentare le proprie opinioni ma è subdolo farlo all’interno della cornice di un processo che, esattamente al contrario, punta a riformare l’autonomia. Presenti le sue mozioni nelle sedi istituzionali dove è eletto, lanci appelli, organizzi cortei quanti ne vuole, soprattutto raccolga voti alle elezioni, perché in democrazia si fa così a farsi sentire e, se si riesce, a conquistare la maggioranza per cambiare : non di un assemblea ma dei voti alle elezioni!
Dentro le riunioni convocate dal Consiglio provinciale “al fine di acquisire idee e proposte della popolazione” (come dice la legge all’art.5) si raccolgono punti di vista, opinioni e proposte su quello che non va nelle attuali regole e su quali regole nuove – nel quadro dell’autonomia – si potrebbero introdurre per migliorare le cose. Insomma: le opinioni che si raccolgono nelle assemblee della Convenzione hanno l’obiettivo di aggiornare e migliorare quanto fatto da Silvius Magnago (con altri), non di stravolgerlo.
Franco Gaggia
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