Inquadramento nel diritto internazionale e costituzionale del diritto all'autodeterminazione dei popoli.

 

 

L'articolo 5 della Costituzione recita:

 

 

"La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei

servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i

principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.".

 

Sancendo l'indivisibilità del territorio della Repubblica, tale norma pone delle chiare condizioni:

  • il riconoscimento e la promozione delle autonomie locali,
  • l'attuazione del più ampio decentramento amministrativo,
  • l'adeguamento della legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

 

Nell'accordo De Gasperi-Gruber è contenuta la clausola di salvaguardia in capo all'Austria a tutela del Sudtirolo, che opera ogniqualvolta tali condizioni vengano disattese, e più in generale qualora l'autonomia ed i diritti della comunità di lingua tedesca e ladina (e di riflesso anche quelli della comunità di lingua italiana, visto che beneficiano anch'essi dell'autonomia) del Sudtirolo rischino di essere violati o vengano violati.

 

Lo speciale status di autonomia conferito alla regione Trentino-Südtirol poggia su basi di diritto pattizio internazionale, in quanto l'accordo di Parigi costituisce l'allegato IV del Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze Alleate e Associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.

Pertanto la Costituzione italiana, nella sua applicazione, ed eventuale modifica, incontra i limiti ben precisi di cui abbiamo detto sopra: ossia le condizioni dell'art. 5 stesso, ed appunto la clausola di salvaguardia in capo all'Austria in caso di violazione delle stesse.

 

Naturalmente, il diritto internazionale negli anni tra il 1946 non solo non si è fermato, bensì ha delineato il diritto all'autodeterminazione dei popoli, inizialmente nato a tutela delle popolazioni originarie delle colonie (p. es. britanniche e francesi) poi esteso a tutti i popoli la cui lingua, cultura, etnia, tradizioni ecc. differiscano da quelle dello stato nel quale essi si trovano, come ad esempio la popolazione francofona del Quebec, l'Irlanda del Nord, le Isole Åland, il popolo Basco, il popolo Catalano, i nativi americani, il popolo Tibetano, il popolo Curdo, ecc. gli esempi sono innumerevoli.

 

L’autodeterminazione dei popoli costituisce un principio fondamentale del diritto internazionale e costituzionale contemporaneo, in virtù del quale tutti i popoli hanno diritto di decidere autonomamente del proprio assetto politico, economico e sociale.

Si noti che anche la costituzione Russa del 1993, già nel preambolo, riconosce tale diritto1.

L’autodeterminazione dei popoli trova pieno riconoscimento giuridico nel 1945 con l’adozione della Carta delle Nazioni Unite. La Carta richiama il principio nel preambolo, all’art. 1, concernente le finalità dell’organizzazione, e all’art. 55, relativo all’azione delle Nazioni Unite in ambito economico e sociale e di promozione del rispetto dei diritti dell’uomo.

Con le due risoluzioni 1514 (XV) e 1541 (XV), adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1960, si cristallizza una opinio iuris generalizzata, accompagnata da una successiva prassi applicativa guidata dalla stessa Assemblea generale, che riconosce in maniera incondizionata il diritto all’autodeterminazione in capo a tutti i popoli sottoposti a dominio coloniale; secondo la formula stabilita dalla stessa risoluzione 1541, i popoli possono liberamente scegliere tra l’indipendenza, un accordo di libera associazione con la madrepatria ovvero l’integrazione nello Stato amministrante.

Per quanto concerne il diritto pattizio, risalgono al 1966 i due Patti internazionali sui diritti civili e politici e sui diritti sociali, economici e culturali, il cui comune art. 1 riconosce il diritto all’autodeterminazione politica, economica, sociale e culturale di tutti i popoli. Il terzo paragrafo dell’art. 1, oltre all’obbligo degli Stati di rispettare il diritto all’autodeterminazione, prevede anche l’obbligo positivo di promuoverlo.

Diverse valutazioni vanno invece fatte in merito all’applicazione del principio di autodeterminazione alle minoranze nazionali.

come evidenziato dalla Commissione Badinter nel parere n. 2 relativo al diritto di autodeterminazione delle popolazioni serbe presenti in Croazia e Bosnia-Erzegovina, il popolo costituente ha diritto ad esercitare la propria autodeterminazione interna nel rispetto dei confini prestabiliti (in Int. L. Mat., 1992, 1497 ss.); di conseguenza, la revoca di prerogative fondamentali riconosciute dall’ordinamento interno dello Stato a favore di un popolo costituente potrà costituire una violazione del diritto all’autodeterminazione.

Un importante contributo al riconoscimento e al consolidamento del principio di autodeterminazione dei popoli nel diritto internazionale è stato offerto dalla giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia.

Tra gli altri, spiccano per importanza vari pareri consultivi della Corte, i quali sanciscono il diritto dei popoli all'autodeterminazione:

C.I.J., 21.6.1971, Legal Consequences for States of the Continued Presence of South Africa in Namibia (South West Africa) Notwithstanding Resolution 276 (1990), parere consultivo.

Con il parere consultivo (C.I.J., 22.7.2010, Accordance with International Law of the Unilateral Declaration of Independence in Respect of Kosovo, parere consultivo) la Corte ha rilevato nel caso di specie l’assenza di divieti, sia sotto il profilo del diritto internazionale generale, sia sotto il profilo della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza, concludendo che la dichiarazione di indipendenza non violava il diritto internazionale.

Negli anni successivi, il principio di autodeterminazione è stato sempre più declinato nella sua accezione interna, cioè, come un diritto a ottenere dal governo dello Stato un trattamento rispettoso dell’identità culturale, linguistica e politica della popolazione.

L’individuazione di un punto di equilibrio cui sarebbe giunto il diritto internazionale, in una prospettiva di bilanciamento tra autodeterminazione dei popoli e diritto all’integrità territoriale degli Stati, è evidente nel parere sulla Secessione del Quebec emanato dalla Corte suprema canadese nel 1998 (C. supr. Can., 20.8.1998, Reference Re Secession of Quebec). Il Governo federale canadese aveva chiesto alla Corte suprema se, ai sensi del diritto internazionale, le istituzioni provinciali del Quebec godessero di un diritto a dichiarare e perfezionare la separazione della provincia francofona dalla federazione canadese. La Corte suprema stabilisce che il diritto all’autodeterminazione, nel diritto internazionale contemporaneo, avrebbe una prevalente declinazione “interna” e il diritto a separarsi dallo Stato sarebbe riconosciuto da una norma positiva di diritto internazionale, ove il popolo sia sottoposto a un dominio coloniale o straniero. La Corte suprema presenta anche una terza ipotesi, non realizzata nel caso di specie, di un diritto all’autodeterminazione “esterna” nei casi di violazioni sistematiche commesse dal governo dello Stato nei confronti dei diritti di una parte della popolazione; ma esprime dubbi sul fatto che il c.d. diritto alla secessione come “ultimo rimedio” sia già diventato parte del diritto internazionale positivo.

Per tutte queste ragioni, alla luce del diritto internazionale vigente, sussiste in capo alla popolazione del Sudtirolo il diritto di esprimersi mediante un referendum, e qualora i risultati di tale consultazione fossero tangibilmente a favore della costituzione di uno stato indipendente o dell'annessione all'Austria, tale volontà dovrà essere rispettata, sia dall'Italia, che dagli altri stati.

 

Chi volesse approfondire l'argomento, troverà molto interessante l'articolo Autodeterminazione dei popoli, in Diritto on line (2014) di Enrico Milano, dal quale ho tratto gran parte delle informazioni riportate.

 

dott. Marco Sandroni, 27.03.2016

1"Preambolo

Noi, popolo plurinazionale della Federazione Russa, uniti da un comune destino nella nostra terra, affermando i diritti e le libertà della persona, la pace civile e la concordia, salvaguardando l'unità statale formatasi storicamente, basandoci sui principi universalmente riconosciuti dell'eguaglianza dei diritti e dell'autodeterminazione dei popoli, onorando la memoria degli antenati che ci hanno trasmesso amore e il rispetto per la Patria, la fede nel bene e nella giustizia, rinnovando l'ordinamento statale sovrano della Russia e affermando la solidità del suo fondamento democratico, mirando a garantire il benessere e la prosperità della Russia, sentendoci responsabili per la nostra Patria dinanzi alla generazione presente e a quelle future, riconoscendoci parte della comunità mondiale approviamo la Costituzione della Federazione Russa."

 

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- Studium der Rechtswissenschaften an der Universität Trient und an der Åbo Akademi University in (Turku, Finnland)
- Diplomarbeit über das finnische Familienrecht
- Rechtsanwaltspraktikum
- Firmenjurist im Privatsektor
- Seit 2010 in der Landesverwaltung tätig
- Sprachen: Italienisch, Deutsch, Englisch, erweiterte Grundkenntnisse: Russisch, Französisch