Una riforma dello Statuto di Autonomia dovrebbe partire anche, non solo ovviamente, da una riflessione su quanto affermava Alexander nel 1981 su quelle che lui definiva “gabbie etniche”. L'applicazione della proporzionale ha portato divisione, come sosteneva Langer, o giustizia sociale?
Voi che ne pensate? Riporto le parole di Langer: “Fin dalla fine del 1978 vedo arrivare, nel Sudtirolo, quella che chiameremo la "schedatura etnica": per far funzionare senza intoppi e senza zone d'ombra un sistema interamente basato sulla nitida delimitazione tra blocchi etnici, occorre la realizzazione di un catasto etnico al quale nessuno possa sfuggire. Inizialmente pochi credono che si arriverà a tanto, e interpretano in modo riduttivo e blando le norme già predisposte in quel senso, con tanto di timbro e firma della Repubblica Italiana. Cosi mettiamo in guardia contro le "nuove opzioni", contro l'imposizione delle "gabbie etniche". Mi pare di capire con assoluta lucidità che si tratta del più grave attentato alla democrazia, del più grave avvelenamento dei rapporti inter-etnici nel Sudtirolo dall'accordo Hitler-Mussolini e le "opzioni" dal 1939 in poi. Vedo quasi fisicamente l'accelerazione dei processi di separazione e di contrapposizione etnica che il cosiddetto "censimento linguistico" (con tanto di iscrizione nominativa obbligatoria in uno dei tre gruppi etnici riconosciuti) incoraggerà e renderà finalmente possibile senza pieghe o riserve. Sono angosciato per questa grande operazione di razzismo legale che le cosiddette forze democratiche in Italia (tutte, dal PCI al PLI) e in Austria consentono, minimizzano, appoggiano. Non capisco tanta cecità, tanta noncuranza, tanta confusione tra giuste esigenze di autonomia e di tutela delle minoranze e pericolosi intruppamenti etnici. Mi sembra quasi di toccare con mano un processo analogo a quello che ha portato al muro tra le due Germanie: dove prima la linea di demarcazione era appena tratteggiata sulle carte, e magari con qualche palo, ora c'è la "striscia della morte" e una vera "cortina di ferro" a dividere tra "noi" e "loro". I passi che hanno portato a questa separazione, singolarmente presi, non sembravano così terrificanti. Per un certo breve periodo l'effettuazione della schedatura etnica sembra in bilico. Nell'estate 1981 le resistenze, da noi indotte, si moltiplicano e raggiungono il cuore dei partiti, e qualche giornale. Ma poi, dopo tre giorni di dibattito parlamentare, nell'ottobre, prevale la ragion di stato e i partiti del sedicente "arco costituzionale" appoggiano tutti la soluzione voluta dalla "Volkspartei": divide et impera, a ognuno il suo recinto etnico coi relativi capi. Insieme a diverse migliaia di coraggiosi rifiuto di firmare il modulo in cui dovrei scegliere se aggregarmi legalmente al gruppo linguistico tedesco, italiano o ladino. Mia madre, che vive ancora e che aveva già rifiutato l'opzione nel 1939, non firma neanche lei. Come tanti altri obiettori etnici subisco presto una precisa conseguenza punitiva: il trasferimento della mia cattedra di storia e filosofia dal liceo di Roma al liceo classico di lingua tedesca di Bolzano, già regolarmente concesso, viene revocato dall'on. Falcucci, su pressione del partito di Magnago, per il quale non può essere considerato tirolese di madrelingua tedesca chi ha disertato la chiamata etnica obbligatoria del 1981. Mi viene in mente mio padre, ormai morto da anni, che dopo il suo licenziamento "razziale" nel 1938 venne informato burocraticamente dal dirigente provinciale dell'organizzazione fascista dei medici che non era possibile alcun altro suo impiego, neanche nell'ambito della croce rossa o simili, e che comunque poteva sempre rivolgersi alle superiori autorità se credeva di aver subito un torto”.
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