SIAMO SICURI DI APPARTENERE?

Prima di parlare di statuto di autonomia sarebbe utile discutere su alcuni punti e definizioni che secondo me sono ineludibili per iniziare un percorso condiviso. Di seguito il punto 5 di 5

 

5) Dichiarazione di appartenenza:

Negli ultimi anni è quasi scomparsa la definizione “etnica” in favore della definizione più politically correct “appartenenza linguistica”.

L’aggettivo etnico è infatti già intrinsecamente divisivo, definisce le caratteristiche distintive di una popolazione che, in quanto codificate, sono di per se immutabili diventando una bandiera per coloro che temono contaminazioni e chi considera il territorio suddiviso tra etnie codificate, utilizza la lingua come chiave di lettura e quindi di riconoscimento.

Da ciò discende che anche la semplice dichiarazioni di appartenenza riconduce ineluttabilmente alle cosiddette “Gabbie etniche”.

La mia idea, e spero non sola la mia, è che inclusione e condivisione portano inevitabilmente alla comunicazione e quindi ad un automatico diffondersi della lingua attraverso le relazioni. Che il mezzo per instaurare la comunicazione sia l’insegnamento è una pura chimera. L’esempio più lampante sono i bambini con background migratorio, in pochi anni la maggior parte di loro è linguisticamente competente. Perché i nostri figli non lo sono? La risposta è semplice: non c’è immersione! Non hanno bisogno di comunicare nell’altra lingua! Le comunità contigue, che non condividono, non creano quella condizione che da propulsione all’apprendimento della lingua.

La competenza linguistica per comunicare non sarà quindi una dote d’ingresso ma sarà sicuramente il risultato finale di un processo non semplice ma sicuramente coraggioso.

Per innescare il suddetto processo, di cui potranno beneficiare soltanto i nostri figli, bisognerebbe sospendere da subito la dichiarazione di appartenenza e lavorare alacremente alla condivisione.

LA POLITICA POSSIDE TANTO CORAGGIO!!! O gli obbiettivi sono altri.

In ultimo permettetemi di sottolineare l’assurdità per cui un immigrato debba dichiarare a quale cultura si senta più prossimo. È come chiedere ad una mela se si sente vicino alla pera. Si tratta soltanto di un artificio giuridico per far rimanere in piedi il gioco delle appartenenze, che in origine prevedeva 3 giocatori ma che rischia di doverne prendere in considerazione molti di più.

Propongo di eliminare gradualmente la dichiarazione di appartenenza prevedendo nella dichiarazione:

  1. Appartenenza classica (ad uno dei tre gruppi “ancestrali”)
  2. Non appartenenza
  3. Mistilingue

Quando b) e c) renderanno a) statisticamente irrilevante si potrebbe procedere all’eliminazione della dichiarazione. Una specie di referendum in itinere.

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Commenti

Die Sprachgruppen-Zugehörigkeits-Erklärung ist die Grundlage für den Proporz. Und der ist ein Grund dafür, warum heute Arbeit und Wohlstand auf alle Sprachgruppen gerecht verteilt sind. Wenn man sich das Sprachenbarometer 2014 anschaut, kann man feststellen, dass die allermeisten kein Problem damit haben, sich zu einer der Sprachgruppen zu bekennen. Wer die Sprachgruppen abschaffen will, schaft letztlich auch die kulturelle Vielfalt ab, auf die wir eigentlich stolz sein müssten. Ich sehe daher weder die Notwendigkeit eine Gruppe der Gemischtsprachigen einzuführen, noch die ganze Erklärung abzuschaffen.
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Sì, la proporzionale è fondamentale per un sistema sempre più arcaico che può consentire a un incompetente di occupare il posto di qualcuno molto più competente ed utile alla società, per il solo fatto di appartenere ad un gruppo anziché all'altro. Il progresso esiste quando si guarda avanti e non nello specchietto retrovisore.
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